venerdì 7 dicembre 2007

Stralci dal saggio esoterico sui numeri pari e dispari: attorno a Rimbaud e Dickinson

Ho parlato di Arthur e di Emily in varie occasioni.


Leggendo Le Illuminazioni di Rimbaud, ad esempio, ho cominciato a sospettare che esistono 2 categorie di grandi scrittori: quelli che raccontano la realtà lineare e quelli che veicolano le immagini dell’Aldilà; e penso proprio che Rimbaud ha visto, nel vero senso della parola, squarci dell’Aldilà, che poi ha portato con sé per il resto della sua vita, come il condannato che per un attimo vede la libertà; e infatti, Rimbaud ha avuto una vita assolutamente autodistruttiva: è morto a 37 anni dopo un’esistenza assolutamente vagabonda e angosciata.


Passando ad Emily, ho detto di lei altrove:


Andai avanti e leggendo avvalendomi di un gusto che via via si era fatto più attento, incappai in quell’anima stranissima e universale di E. Dickinson.
I suoi epigrammi mai retorici o noiosi sempre ispirati, essenziali, evocativi, disarmanti, metaforici e infine avvalendosi di similitudini semplici tratte dalla quotidianità e costruite sempre sugli stessi elementi con mille variazioni sul tema; costituivano un corpus di migliaia di componimenti che trattavano gli argomenti più disparati con particolare attenzione alla domanda intima sul senso della vita e sulla speranza dopo la morte.
Senza dire molto, imparai la mia seconda lezione: la brevità come sintesi di contenuto-forma; l’uso delle metafore visive per esprimere un solo concetto universale; la ricerca della parola semplice per essere comunicativo, sensitiva e affascinante; la poesia come interrogazione e messaggio intimo d’amore verso chi si ama; la poesia come ricerca di nuove forme da condividere con il lettore alla ricerca dell’evoluzione dello spirito, nuova a ogni lettura.

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